CAPITOLO 3

 

La città più grande e rappresentativa della costa abruzzese è senza dubbio Pescara, vero capoluogo commerciale della regione; importante nodo stradale e ferroviario, conta oltre centomila abitanti ed un territorio che si estende dal mare alle colline.
In città si trovano la Questura, la Prefettura e molti uffici della Regione. E' dotata di una grande e moderna stazione ferroviaria, un comodo aeroporto ed è raggiungibile da due autostrade.
Nel centro città convivono il vecchio centro storico, nel quale spicca la casa natale del più celebre scrittore e poeta abruzzese, con i moderni palazzi che si affacciano sulle tre vie principali.
Il commissario l'avrebbe conosciuta presto, dovendosi recare a rapporto dal questore, che lo aveva conosciuto di fama ed aveva espresso il desiderio di incontrarlo quanto prima.
Tuttavia vi si sarebbe recato in auto, in quanto il commissariato si trovava ad una manciata di chilometri da Pescara, nella vicina città di Montesilvano.
Boschi giunse a destinazione in un assolato pomeriggio di metà maggio. Aveva trovato alloggio presso la pensione “Mare blu”, un posto scelto quasi casualmente; aveva visto le immagini e letto le recensioni, sarebbe andato bene finchè non avrebbe trovato una casa.
Compilò il registro clienti nella hall e salì in camera. La proprietaria, la signora Rosa, avrebbe servito la cena alle otto e trenta, dunque il commissario avrebbe avuto il tempo di disfare i bagagli e concedersi una doccia.
Aveva appena cominciato le sue operazioni, quando il cellulare che aveva sempre in tasca squillò: sorrise, conosceva bene quel numero.
“Boschi, come stai? E' andato bene il viaggio?”
“Tutto bene, signor questore. Un viaggio senza intoppi, sono appena arrivato.”
Il suo vecchio maestro, il questore Magnani, non avrebbe potuto concludere la giornata senza sapere del suo allievo prediletto. Continuò:
“Boschi, ti chiamo anche per un altro motivo. Il mio collega, il dottor Mazzotta, ti attende per un incontro, diciamo, informale. Ci terrebbe a conoscerti personalmente, mi ha chiesto un parere ed io ho pensato che sarebbe stata un'ottima cosa.”
Boschi avrebbe voluto replicare, ma la stima e l'affetto che nutriva per Magnani lo trattennero.
“Bene, signor questore. Quando dovrebbe aver luogo questo incontro, diciamo così, informale?”
Il questore intuì il tono del commissario, tra l'ironico e l'infastidito. Era nota l'avversione di Boschi per le prime pagine, le telecamere, le luci della ribalta, gli impegni protocollari. Tuttavia Magnani riprese:
“Il dottor Mazzotta ti attende dopodomani alle undici nel suo ufficio. Mi raccomando, tienimi informato.”
E così, eccolo servito. Meglio non pensarci, lasciandosi cullare dalla visione delle azzurre onde del mare che si infrangevano sulla spiaggia. Già si vedevano le file di ombrelloni colorati, che di lì a poco avrebbero ospitato torme di ragazzini giocosi, famiglie, comitive di giovani...
Il commissario lasciò i suoi pensieri, si infilò in bagno e si concesse una lunga doccia.
Ne uscì dopo tre quarti d'ora, cosa insolita per lui, fresco e riposato. Indossò un paio di jeans ed una camicia, pronto per scendere a cena.
Nella piccola e curata sala ristorante, che in quel momento accoglieva una decina di persone, il commissario si guardò attorno: dovunque aria di mare, profumi di mare, come si possono sentire in quei posti semplici e genuini che solo la vera gente di mare sa gestire. La signora Rosa lo guardò con aria vagamente divertita:
“Lei, in fondo, è un uomo di mare. Ma le sue origini vengono da gente di montagna. Non è così?”
Accidenti, quella donna aveva ragione! Ma chi era, una maga? Una donna capace di leggere nel più profondo dell'intimo dei suoi clienti? Il commissario ci pensò su, poi sorridendo rispose:
“E' vero, sono di origini piemontesi. Mio nonno era di Casale Monferrato, io sono nato là vicino, ma sono sempre stato attratto dal mare.”
Chiacchierarono ancora un po', finchè non venne servita la cena. Antipasto di alici marinate, chele di granchio, gamberetti in salsa rosa, carpaccio di polpo, per proseguire con una spigola aperta gratinata con verdure locali ed un assaggio di fritto misto. Il tutto innaffiato da un vino bianco prodotto sulle colline del circondario. Dopo l'ottima carne gustata a pranzo in un autogrill sulla costa marchigiana, era un perfetto cambiamento; il commissario si concesse infine un tiramisù, accompagnato dal caffè.
Era d'obbligo una passeggiata, diversamente la nottata si sarebbe presentata tutt'altro che piacevole e riposante.
Il commissario uscì dalla pensione, ritrovandosi a percorrere un ampio viale. Sulla facciata del palazzo di fronte, una targa in pietra ne riportava il nome: Corso Umberto I. Il commissario non potè fare a meno di pensare, ancora una volta, all'ambiente che aveva lasciato: quel nome, di chiara provenienza sabauda, dell'ultimo Re d'Italia, era come se volesse riproporre a Boschi i suoi quattordici anni appena trascorsi al servizio dello Stato, lassù, all'ombra delle Alpi, nella terra del conte di Cavour, delle grandi industrie, del miracolo italiano degli anni Sessanta.
Camminò fino a raggiungere un incrocio, quindi attraversò la strada e si ritrovò su Viale Europa, in fondo al quale si indovinava la presenza del lungomare. I grandi palazzi bui, con le finestre chiuse e le tapparelle abbassate, i residence ancora disabitati, sembravano voler comunicare al commissario la vocazione turistica della cittadina, in quel periodo non affollata di bagnanti. D'altra parte era periodo di scuole, le fabbriche erano ben lontane dalle date di chiusura e le ferie sarebbero giunte in agosto un po' per tutti, come ogni anno.
In quella semioscurità, i lampioni posti ai due lati del viale tracciavano un percorso chiaro e nitido, di tanto in tanto punteggiato dalle vetrine illuminate dei negozi di abbigliamento o di un bar aperto. Giunto all'altezza del lungomare il commissario notò, quasi in contrasto con il paesaggio notturno, un grande palazzo di colore chiaro, di certo il più alto della zona con i suoi dodici piani, attorniato dal nastro bianco e rosso per impedirne l'accesso. Spinto dalla curiosità si avvicinò, notando la presenza di un cartello con la scritta “ Sotto sequestro da parte dell'autorità giudiziaria ”. Il commissario girò attorno al grande edificio, senza trovare alcunchè di strano; giunse alla conclusione che il night club che si trovava al piano terra doveva essere stato teatro di qualche recente avvenimento illegale.
Lasciati da parte i pensieri e le ipotesi sul perchè dell'episodio, Boschi svoltò sul lungomare.
Inspirò profondamente, per troppo tempo aveva atteso quel momento, la possibilità di riempirsi i polmoni con quell'aria salmastra, che aveva da sempre il potere di ritemprare il corpo e la mente del commissario.
Camminò per un po', notò un paio di ristoranti che promettevano menu di pesce fresco a prezzi mai visti, venne avvicinato da un'avvenente ragazza in cerca di avventure amorose a basso prezzo (sì, quello era un mercato che non conosceva crisi) ed alla fine si ritrovò ai margini di una pineta. Restò così per un po', assorto nei suoi pensieri, quando il cellulare lo riportò alla realtà.
“Commissario, come sta? La disturbo?”
Il fido Di Russo si stava chiedendo come stesse il suo capo, se era pronto ad iniziare quella nuova avventura. Il commissario non lo deluse.
“Ciao Di Russo, tu non mi disturbi mai. Tutto bene, sto facendo una passeggiata sul lungomare.”
Ma Di Russo lo conosceva troppo bene, era in grado di capire quando qualcosa si agitava nella testa del commissario, anche dalla più piccola inflessione della voce.
“Commissario, ne è sicuro? Guardi che se ha bisogno di aiuto e supporto io prendo una settimana di ferie e...”
“Di Russo, ti ho detto di stare tranquillo, va tutto per il meglio.”
“Commissario mi perdoni, ma secondo me lei sta pensando a qualcosa. Lei è da sempre un uomo d'azione e d'istinto, proprio per questo non me lo potrebbe nascondere. Ma se non ne vuol parlare, io non le chiedo nulla. Volevo sincerarmi che stesse bene, la sala operativa è vuota senza di lei. Qui manca già a tutti, il vicecommissario Conti fa quel che può, ma non è come lei.”
Il commissario decise di giocare a carte scoperte. Voleva troppo bene al suo fido ispettore, non se la sentiva di ingannarlo. Lo chiamò per nome, come accadeva in occasioni così particolari.
“Antonio, sono uscito per una passeggiata dopo cena ed un particolare mi ha colpito. Lungo un viale che porta sul lungomare ho notato tanti palazzi vuoti e bui, diversi residence scarsamente illuminati, come del resto è normale per una cittadina che in estate accoglie numerosi turisti. Un solo palazzo è cintato con il nastro bianco e rosso e porta i sigilli della magistratura. Non so perchè, ma la cosa non mi convince. Grazie, cerca di stare vicino ai ragazzi e collabora con Conti. E' bravo e con lui vi troverete bene.”
“Grazie commissario, buonanotte.”
“Grazie a te, buonanotte.”
Boschi rivolse un ultimo pensiero ai suoi uomini, lassù in riva al Po, quindi decise che era ora di rientrare. L'indomani lo attendeva una giornata impegnativa.

Indice

Chiudi il libro